Dott.ssa Stefania Caron

COMPRENDERNE LA DEFINZIONE PER CAPIRNE L’APPLICABILITA’

Agricoltura rigenerativa, agroecologia, agricoltura conservativa, agricoltura biologica… tutti termini comunemente utilizzati per identificare delle metodologie di gestione agricola volte a raggiungere un obiettivo comune, se pur piuttosto vago: un’agricoltura sostenibile dove, con il termine sostenibilità, si indica la capacità di soddisfare i bisogni del presente senza diminuire la capacità di soddisfare le necessità del futuro, attraverso la conservazione delle risorse attuali ed evitandone lo sfruttamento eccessivo.
Ma l’agricoltura rigenerativa va oltre! Supera la semplice conservazione e preservazione del sistema e delle sue risorse, mirando, piuttosto, ad un costante miglioramento dell’ambiente, del suolo e della redditività economica dei terreni agricoli.
La narrativa inerente all’agricoltura rigenerativa, iniziata negli anni ’80 da Robert Rodale, fondatore del Rodale Institute, è diventata in questi anni sempre più attraente e discussa, soprattutto dopo l’evidente fallimento del tentativo da parte delle Nazioni Unite di coinvolgere stakeholder attenti all’ambiente nella retorica dell’intensificazione sostenibile.


Nonostante l’uso sempre maggiore di questo termine, soprattutto in ambiti governativi, la mancanza di una regolamentazione ufficiale e di una definizione univocamente riconosciuta, ha portato ad una situazione in cui agenzie governative, industrie, aziende del settore e multinazionali hanno sviluppato una loro personale interpretazione del termine, spesso adattandolo ai loro personali interessi.
Tuttavia, una prima definizione di agricoltura rigenerativa esiste ed è stata coniata nel 1979, poi ripresa nel 1983 dal Rodale Institute. Alla fine degli anni70’, Gale identifica l’agricoltura rigenerativa come “un insieme di pratiche volte alla rigenerazione suoli, delle risorse naturali e umane, dei paesaggi e degli ecosistemi”. Partendo da questa definizione è quindi possibile identificare quattro elementi dell’agroecosistema “da rigenerare”:
-il suolo: attraverso pratiche che ne aumentino la fertilità, lo stoccaggio di carbonio organico, la dotazione e la disponibilità di elementi minerali, la diversità microbiologica e riducendo l’erosione e la desertificazione.
Gli ecosistemi e la biodiversità: riducendo l’uso di input di sintesi dannosi, creando corridoi ecologici e zone indisturbate di biodiversità vegetale (locale) fondamentali per il proliferare dell’entomofauna, valorizzando gli scarti aziendali, rivalutando le risorse genetiche locali e gestendo in maniera efficiente le acque e le risorse silvo-pastorali;

le relazioni tra gli esseri viventi: garantendo alle piante cure colturali e trattamenti che favoriscono la loro salute nel tempo e il loro costante equilibrio fisiologico e agendo nel rispetto della dignità degli animali e delle persone;
i saperi: reinterpretando tradizioni del passato in chiave attuale per affrontare le sfide dei nostri giorni e promuovendo la conoscenza come bene collettivo in continua trasformazione ed evoluzione, da diffondere e trasmettere alle generazioni future.