fertilizzazione

La fertilizzazione non è volta solo a massimizzare la produzione o ad equilibrare il flusso di elementi nutritivi del suolo, ma influenza la qualità delle colture, esaltandola o deprimendola, con ripercussioni spesso importanti sul prezzo dei prodotti e sulle loro caratteristiche nutrizionali e sanitarie. Le pratiche di fertilizzazione incidono anche su altri aspetti legati all’efficienza d’uso dei nutrienti apportati, e all’impatto sull’ambiente e sugli ecosistemi. Per riuscire a massimizzare gli obiettivi produttivi, qualitativi e ambientali è importante la conoscenza di pratiche di concimazione che vadano oltre la tradizionale somministrazione di macroelementi (azoto, fosforo e potassio), ma che possano avvalersi di prodotti che apportino elementi della nutrizione diversi o in formulati che espletino funzioni differenti o complementari rispetto ai concimi minerali tradizionali.

Prodotti che rispondano a queste caratteristiche possono ritrovarsi nelle categorie dei prodotti ad azione specifica (BIOSTIMOLANTI, ADDITIVI) e CONCIMI A BASE DI MICROLEMENTI.

Biostimolanti

I biostimolanti sono sostanze e/o microrganismi che applicati alla pianta o alla rizosfera stimolano i processi naturali che migliorano l’efficienza d’assorbimento e d’assimilazione dei nutrienti, la tolleranza a stress abiotici e la qualità del prodotto. I biostimolanti non hanno effetti diretti su parassiti e patogeni e quindi non rientrano nella categoria dei pesticidi (European Biostimulants Industry Council, 2013).

Generalmente possono essere idrolizzati proteici, sostanze umiche e estratti di alghe e possono svolgere diverse funzioni: stimolare la crescita delle piante, favorire la maturazione dei frutti, favorire la colorazione dei frutti, favorire l’accumulo degli zuccheri, favorire l’aumento della pezzatura dei frutti, favorire l’interruzione della dormienza, favorire l’allegagione, migliorare la consistenza e la conservabilità dei frutti, aiutare la pianta a resistere agli stress abiotici, come il caldo, il freddo o la mancanza d’acqua.

Figura 1:Ruolo dei biostimolanti contro gli stress abiotici

Concimi a base di microelementi

Sono concimi che contengono uno o più microelementi anche chelati o complessati, ma non elementi chimici principali della fertilità. La necessità evidenziata in una coltura di somministrazione di elementi secondari della fertilità o di microelementi prende il nome di carenza. Si distinguono le carenze assolute o primarie, in cui il suolo è effettivamente povero dell’elemento di cui la pianta ha bisogno, e le carenze condizionate o indirette, in cui l’elemento in questione è presente nel suolo, ma non è disponibile per la pianta per fenomeni di antagonismo o per squilibri chimici spesso dovuti a difetti di reazione del suolo. Le carenze devono essere innanzitutto prevenute, utilizzando concimi poco “puri” (cioè a basso titolo), controllando il pH del suolo e con fertilizzazioni organiche (soprattutto letame) ed utilizzando prodotti a base di microelementi.  I principali sono: zolfo, magnesio, ferro, rame, manganese, zinco, boro, molibdeno.

Figura 2: Disponibilità dei nutrienti nel suolo al variare del pH

Additivi

Gli additivi sono prodotti ad azione specifica miscelabili ai concimi quali inibitori, attivatori, co-formulati, ricoprenti, prodotti ad azione su pianta, prodotti di azione sul suolo.

Per rendere più efficiente la concimazione, in particolare quella azotata, sono state sviluppate nel corso dei decenni molte soluzioni; di particolare interesse risultano gli inibitori che si suddividono in inibitori della nitrificazione, inibitori dell’ureasi e inibitori della nitrificazione e dell’ureasi. Combinando queste sostanze al concime l’azoto ammoniacale o ureico si trasforma in azoto nitrico più lentamente per l’azione batteriostatica dell’inibitore; la coltura ha così a disposizione l’azoto in modo graduale, per un periodo prolungato per alcune settimane e ne conseguono un contenimento delle dosi applicate, resa più elevata a parità di dose, maggior sicurezza di avere azoto disponibile nelle fasi critiche. Inoltre vengono ridotte le emissioni di N2O, gas inquinante che contribuisce notevolmente all’effetto serra.

Figura 3: Azione dell’inibitore della nitrificazione DMPP sulle perdite di azoto per lisciviazione e emissioni gassose