20160809_103201Luppolo (Humulus lupulus L.)Nuove opportunità per l’agroindustria italiana
luppolo italiano per una birra di alta qualità.

A partire dal 1996, anno a cui si fa risalire la nascita del cosiddetto “movimento della birra artigianale”, in Italia si sta assistendo a una vera e propria crescita esponenziale dei birrifici artigianali, quasi triplicati negli ultimi 6 anni. Questo fenomeno ha portato alla nascita di un prodotto artigianale made in Italy tutto nuovo, non legato alla tradizione, e all’interessamento nei confronti di una coltura quasi sconosciuta alla coltivazione nel nostro Paese: il luppolo.

Spinti dall’elevato interesse dei consumatori italiani ed esteri verso i prodotti agroalimentari artigianali italiani, considerati di migliore qualità, i birrifici artigianali tendono, per una scelta di filosofia produttiva e di strategia commerciale, a differenziare e caratterizzare i loro prodotti, sviluppando birre artigianali 100% italiane, utilizzando materie prime interamente di origine italiana: per questo motivo stanno pensando di coltivare direttamente o acquistare luppolo italiano.

Il luppolo (Humulus lupulus L.)

è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Cannabaceae (famiglia di cui fa parte anche la Cannabis), conosciuta in tutto il mondo per essere uno degli ingredienti fondamentali della birra, ai quali conferisce innumerevoli caratteristiche quali il tipico sapore amaro, il profilo aromatico e le proprietà antimicrobiche.

Gli anni 2010, 2015 e 2016 hanno rappresentato, dal punto di vista legislativo, una svolta epocale per lo sviluppo della coltura del luppolo nel nostro Paese, che negli anni passati non ha mai superato la fase pionieristica a causa della forte tradizione vitivinicola presente in Italia, che ha ostacolato lo sviluppo e il consumo della birra. Il Mipaaf è intervenuto dunque a colmare il pesante vuoto normativo in materia, che ha contribuito anch’esso a limitare lo sviluppo del luppolo italiano, con l’emanazione dei seguenti Decreti Ministeriali:

Decreto n. 212 del 13/12/2010:

riconosce la birra non come semplice bevanda, ma come prodotto agricolo a tutti gli effetti e il birrificio agricolo come azienda impiegata nella produzione e nella vendita di birra agricola. Requisito fondamentale per riconoscere la birra e il birrificio come agricoli è che la birra deve essere prodotta con una percentuale di materia prima prodotta in proprio non inferiore al 51%.

Decreto n. 4281 del 20/07/2015:

nomina l’autorità italiana di certificazione del luppolo ai sensi del regolamento CE 1850/2006, che istituisce un’Organizzazione Comune dei Mercati nel settore luppolo e stabilisce la certificazione obbligatoria per la sua messa in commercio. Prima della sua emanazione, gli inadempimenti relativi alle normative europee come la mancanza di un’autorità di certificazione competente e la comunicazione delle zone di produzione impedivano all’Italia la coltivazione del luppolo con finalità di vendita del prodotto. Per la coltivazione del luppolo l’Italia si rifaceva a un articolo del già citato regolamento CE 1850/2006, in cui è stabilito che il luppolo raccolto su terreni di proprietà di un birrificio e utilizzato da quest’ultimo è esente da certificazione. È dunque grazie a questo decreto se oggi in Italia è possibile coltivare luppolo e venderne il prodotto.

➢ Legge 28 luglio 2016 n. 154:

all’art. 35 definisce la birra artigianale come “la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e microfiltrazione”;

prima di questa legge in Italia non esisteva alcuna definizione o regolamentazione della birra artigianale e la legislazione non le distingueva da quelle industriali. I piccoli birrifici erano dunque equiparati a quelli grandi ed era inoltre vietata l’aggiunta della denominazione “birra artigianale” in etichetta. All’art. 36 la medesima legge apre le porte alla ricerca, allo sviluppo e al miglioramento delle condizioni di produzione e dei processi di prima trasformazione e commercializzazione del luppolo. La legge attribuisce al Mipaaf il compito di favorire il miglioramento delle condizioni di produzione, trasformazione e commercializzazione nel settore del luppolo e dei suoi derivati. Per queste finalità il Mipaaf destina una quota delle risorse al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e per i processi di prima trasformazione del luppolo, per la ricostituzione del patrimonio genetico del luppolo e per l’individuazione di corretti processi di meccanizzazione.

Gli effetti dei Decreti appena citati non sono tardati ad arrivare: oltre al fenomeno prima descritto del “boom” dei birrifici artigianali italiani, nel 2015 è stata comunicata a Bruxelles, ai sensi del regolamento CE 1850/2006, la prima coltivazione ufficiale di

luppolo sul territorio nazionale, situata in provincia di Modena.

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Tuttavia non è tutto oro quello che luccica; come detto in precedenza, storicamente l’Italia non è un Paese coltivatore di luppolo e per questo motivo ci si trova di fronte a delle difficoltà che un settore nuovo inevitabilmente incontra. Di queste problematiche, due sono di particolare importanza: la mancanza di prodotti registrati per la difesa fitosanitaria e la mancanza di una filiera post-raccolta di essiccazione, trasformazione e commercializzazione del prodotto.

Detto questo, auguro un buon lavoro a chi sta operando per rendere una solida realtà questo settore e ai sempre più numerosi birrifici artigianali che decidono di utilizzare luppolo italiano dando vita ad una filiera dalle forti potenzialità.