Premessa

Raccontare un’annata è mai “cosa facile”, quasi sempre risulta complesso, impegnativo.

Si teme che la parte soggettiva del racconto, del commento, inevitabilmente prevalga troppo. Tanto più nelle annate come quella 2017 – complesse e composte da tante fasi e da eventi e/o momenti particolari, alcuni anche eccezionali.

Quasi non si sa da dove cominciare!

Annata di fasi e di eventi particolari

Forse per comodità, si decide di iniziare quasi a ritroso, dalla tanto attesa pioggia del 1° e 2 settembre 2017 e dal cambiamento climatico avvenuto in quel frangente.

Il giorno 1 sono diminuite le temperature minime ed il 2 – dopo la pioggia della notte e della prima mattina – le massime e le medie giornaliere.

Praticamente si è passati da valori massimi ancora nettamente superiori a 30 °C a temperature nella norma del periodo e ad un clima gradevole.

E’ stata la fine di una lunga fase estiva calda, iniziata a maggio e con punte davvero elevate, oltre i 35 – 36 °C di temperatura: una delle caratteristiche (forse la principale) per cui verrà ricordato il 2017.

Di fasi e/o momenti non proprio normali – come già detto – l’annata ne ha presentato altri.

Possiamo ricordare il clima bello e caldo registrato nel mese di marzo, dopo un inverno tutto sommato breve e moderato, sicuramente diverso dagli inverni più ampi e freddi tipici delle nostre aree geografiche.

A partire dalla fine della prima decade, marzo ha fatto registrare valori termici esagerati per il periodo (consoni a fine aprile).

Entro fine mese (quindi in epoca precoce) – si è avuto il germogliamento diffuso delle piante, tra cui la vite.

Ad aprile, la prima decade è trascorsa con le connotazioni semi – estive di fine marzo ed il Sabato Santo è avvenuta una grandinata, localizzata in particolare nel territorio del comune di La Morra.

Gelo sulla vite

Se quanto descritto brevemente a riguardo dei mesi di marzo e di aprile è stato un lato del biglietto da visita dell’annata 2017, l’altro non ha tardato a manifestarsi: nei giorni 19, 20 e 21 aprile si è verificata una gelata intensa, che ha interessato vaste aree (non sempre le più basse come altimetria) del Piemonte meridionale (e non solo).

Sono state coinvolte, in ordine crescente, l’albese, l’astigiano ed i territori dei comuni del Gavi; questi ultimi in misura davvero notevole.

Non si è trattato della tipica brinata primaverile, ma – come hanno spiegato i meteorologi – di una forte (e ripetuta) gelata dovuta al sopraggiungere nella pianura Padana di correnti fredde ed alla concomitante bassa umidità dell’aria.

I germogli delle viti, lunghi da pochi a circa 20 – 30 cm (nel Nebbiolo anche di più), sono stati danneggiati in misura e modalità diverse a seconda dell’ubicazione delle vigne e le casistiche non sono state poche.

A titolo esemplificativo ed illustrativo si possono citare i casi di germogli danneggiati solo in punta (ma spesso è gelato pure il grappolo) e quelli – all’opposto – in cui i germogli sono risultati (già il giorno dopo) interamente ed irreparabilmente colpiti dalla gelata. Non di rado, ma successivamente, si è accompagnata la spaccatura del capo a frutto, evidentemente interessato dal danno.

La situazione più ricorrente si è però collocata a metà: germogli in maggioranza colpiti per i due terzi (o ¾) della loro lunghezza, con la parte basale scampata al gelo.

Curioso è stato notare come la distribuzione dei germogli danneggiati sia stata sovente bizzarra, con tralci (singoli o in numero di 2 – 3) gelati anche nei punti altimetricamente più alti delle vigne colpite.

Dopo diversi mesi dall’evento ed a campagna viticola pressoché in fase conclusiva, si può affermare che i danni effettivi dovuti alle gelate di aprile sono risultati spesso notevoli.

Al danno diretto – ossia la mancata produzione – molto variabile a seconda degli ambienti e dei vitigni, ma non raramente  molto pesante, si è sempre accompagnata una nutrita serie di difficoltà, anche operative e gestionali, a far fronte alla “ripartenza vegetativa” delle piante colpite.

Ripartenza importante, perché laddove seguita e gestita con ripetuti passaggi “in verde”, ha poi consentito comunque – anche nei casi più gravi – di ottenere dei tralci che torneranno molto utili nella prossima potatura secca delle viti.

Il seguito dell’annata

Dopo le gelate dei giorni 19, 20 e 21 aprile si è venuta a configurare una situazione (o altra fase, appunto) di stallo.

Infatti, nell’ultima decade del mese in questione e pressoché fino a metà del successivo, ha prevalso la variabilità atmosferica e la temperatura dell’aria è rimasta a valori al di sotto della norma.

La ripresa vegetativa delle viti danneggiate dal gelo si è fatta quindi attendere all’incirca un mese e lo sviluppo – anche fenologico – nei vigneti e nelle piante invece non gelati/e, è stato parimenti “fermo” per il medesimo periodo di tempo.

 

Da metà maggio, nuova svolta ed avvio di un’altra fase, quella già delineata all’inizio del presente lavoro.

La temperatura è aumentata abbastanza repentinamente e nel giro di pochi giorni il clima è diventato estivo!

La vite ha ripreso la sua “corsa”, recuperando il “tempo perso” dopo le gelate.

Basta ricordare che maggio è terminato con condizioni climatiche proprie di luglio – salvo una ventilazione che ha mitigato i valori termici – ed il Nebbiolo in fine fioritura.

 

Giugno è trascorso nell’albese asciutto e  caldo nel complesso, senza punte eccezionali di temperatura e con un leggero calo termico a fine mese. Sempre da rimarcare la frequente ventilazione.

 

Non parliamo poi di luglio, anzi, parliamone e ricordiamone il  caldo costante e duraturo, intenso in alcune occasioni, nella prima e nella terza decade in particolare.

Il vento ogni tanto ha accompagnato anche le belle e calde giornate del settimo mese.

L’attività temporalesca dell’inizio dell’ultima settimana intera di luglio è giunta smorzata nell’albese, mentre ha interessato – con temporali ed una violenta grandinata (particolarmente intensa nel comune di Castel Rocchero, ai confini con Acqui Terme) – l’acquese.

Grandinata

I danni di quella grandinata – dove sono stati rilevanti – hanno costituito un primo, parziale, limite al raggiungimento di risultati produttivi eccellenti nei vigneti di quei territori.

 

Tornando alla “corsa” della vite, a luglio ricordiamo il riscontro dell’inizio invaiatura dei grappoli, il giorno 12, rilievo che ha consentito la stima di circa 12 – 15 giorni di anticipo fenologico della vite, rispetto alla norma.

Anticipo notevole, che non si è smorzato o attenuato, in seguito, perché – come già anticipato – la lunga fase estiva calda è durata anche l’intero mese di agosto.

Nella prima settimana dell’ottavo mese si sono anzi registrate le temperature più elevate del 2017 (36 – 37 °C e oltre in qualche ambiente) ed il caldo – dopo una tregua a ridosso di ferragosto – è tornato “in auge” praticamente fino al 31 agosto.

Tutti i vitigni (Nebbiolo compreso) sono entrati in invaiatura entro fine luglio e la maturazione dell’uva è proseguita celermente nel mese seguente, tanto da giustificare la raccolta di partite precoci, avvenuta – pare – prima di ferragosto!

 

Tracciare un quadro sintetico delle avversità incontrate dalla vite nel 2017 – senza addentrarsi nei relativi dettagli – è abbastanza semplice.

Se ci si riferisce in particolare alla produzione (l’uva), sicuramente  il ruolo maggiore è stato delle avversità non parassitarie.

Danni da grandine (a metà aprile nell’albese ed al 24 luglio nell’acquese) e – più in generale – da sole *, hanno infatti inciso di più, rispetto alle crittogame.

La peronospora è infatti comparsa relativamente tardi (seconda metà di luglio) ed in modo sporadico, mentre l’oidio ha sì impensierito, già a giugno, ma è stato generalmente controllato meglio rispetto allo scorso anno ed i casi in cui gli attacchi sono risultati forti sono stati pochi e circoscritti.

La difesa fitosanitaria delle vigne – per almeno il terzo anno di seguito – non è stata molto pesante, e si è indirizzata ovviamente al contenimento dell’oidio e secondariamente della peronospora.

Praticamente assente la terza crittogama classica – la botrite – occorre invece segnalare – per concludere la rassegna, e tralasciando i fitofagi del vigneto (complessivamente quest’anno poco “agguerriti”) – la forte recrudescenza di mal dell’esca e – a quanto risulta dalle impressioni e dai primi dati elaborati – di Flavescenza dorata (o di fitoplasmosi nel complesso).

 

* = va precisato che i danni da sole (ustioni a carico degli acini) sono stati di entità variabile a seconda delle varietà (Barbera ha confermato una forte recettività), nonché di epoche e modalità delle operazioni in verde effettuate in vigna.

La vendemmia

Descrivere e giudicare una vendemmia come quella 2017 è invece complicato. Si potrebbe iniziare, per “inquadrarla”, con due aggettivi: compatta e complessa.

Per esaminarne in dettaglio le caratteristiche, si può seguire – per un minimo di metodicità – il criterio della generalizzazione, iniziando quindi da quelle maggiormente estendibili e passando via via a quelle meno generalizzabili.

Sicuramente la caratteristica più frequente, la principale insomma, della vendemmia 2017, è stata la precocità.

L’uva Dolcetto raccolta ancora in agosto, quella Cortese nei primi giorni di settembre e la Barbera pochi giorni dopo, rappresentano probabilmente un primato di valore anche storico.

Non sono state rare le situazioni – nell’acquese ad esempio – in cui la vendemmia è terminata un mese prima di quando di norma finisce!

Lo stesso divario – leggermente attenuato – si è ripetuto nell’albese a riguardo del Nebbiolo, per la maggior parte raccolto entro fine settembre 2017!

 

Le rese produttive sono state mediamente contenute, con delle oscillazioni anche rilevanti, da produzioni veramente esigue negli appezzamenti colpiti dalle gelate di aprile ad altre solo leggermente inferiori a quelle medie.

I “distinguo” hanno riguardato gli ambienti, le zone viticole ed i vitigni: il Nebbiolo, ad esempio, la cui raccolta è ancora da concludere, pare discostarsi poco dalle rese normali.

 

Venendo allo stato sanitario ed all’aspetto visivo dell’uva si può premettere che la sanità dei grappoli, intesa come assenza di marciumi e di altri sintomi causati da malattie e da fitofagi, è stata eccellente.

L’aspetto visivo è risultato generalmente ottimo, salvo che nei casi in cui le ustioni da sole sono state diffuse e rilevanti.

Non rare le situazioni in cui in fase di raccolta è stata necessaria l’esclusione del “secco”, cernita a cui gli operatori non erano preparati.

 

La qualità della vendemmia 2017, riferendola all’uva ed ai mosti, è sicuramente stata – nel complesso – ottima.

In alcuni ambienti molto vocati – e relativamente ad alcune varietà – si è rischiato di raccogliere uva dal contenuto zuccherino fin troppo elevato!

Perciò le vendemmie dei diversi vitigni si sono succedute praticamente senza sosta: a fine agosto, l’impressione comune è infatti stata di un’uva tutta matura, a prescindere dalla varietà.

Le composizioni dei mosti più equilibrate (spesso accompagnate da buone rese) quest’anno si sono ottenute – perlomeno nelle uve precoci ed in quelle di media epoca di maturazione – negli ambienti meno asciutti ed assolati.

Sempre riferendoci all’uva e ai mosti, possiamo evidenziare livelli qualitativi mediamente migliori nelle varietà Arneis, Cortese, Dolcetto e Nebbiolo.

L’uva Barbera ha dimostrato – come già evidenziato nel 2003 – maggior sensibilità ai danni da sole.

 

Rimandando comunque a valutazioni più ampie ed approfondite al riguardo, da parte di chi si dedica alla trasformazione della “materia prima” in vino, a chi si occupa invece di ciò che sta a monte, piace terminare questo racconto – molto sintetico – dell’annata 2017 con la strana sensazione che si è avuta compiendo rilievi e sopralluoghi nei vigneti a fine luglio – inizio agosto: a invaiatura in corso e con clima asciutto e caldo perdurante ormai da settimane, buona parte delle vigne ha manifestato la presenza di nuova vegetazione, e quindi uno sviluppo vegetativo ancora attivo, diversamente da quanto ci si aspetterebbe in un tale contesto (e da ciò che si trova scritto nei testi della materia).

In tale comportamento della vite – non proprio normale – non è possibile e sensato “leggere” una forte risposta della pianta a un’annata viticola difficile?